martedì, febbraio 13, 2007

bisogna operare sempre anche in gravi condizioni

Cassazione. L'Alta corte si è pronunciata su un medico che non aveva fatto l'intervento
«Bisogna operare sempre
anche in gravi condizioni»
qLa Corte di appello
fiorentina aveva già
condannato il chirurgo
che fece ricorso
EPOLIS
3Una sala chirurgica
formulata la seguente imputazione:
di non avere tempestivamente
adottato alcun provvedimento
diagnostico adeguato, limitandosi
ad una terapia antidolorifica.
Il tribunale di
Livorno condannò il medico per
omicidio colposo. La corte d'appello
fiorentina assolse due dottori
e cambiò la pena di uno in
quattro mesi di reclusione. Motivazione:
l’origine del processo
infettivo, ossia la contaminazione
batterica della protesi, non
era colpa dell’imputato. Ora la
Cassazione, con la sentenza
Alessandra Bravi
alessandra . bravi@ epolis.sm
■ Nelle aule giudiziarie diventa
sempre più normale imbattersi
in cause per colpe mediche.
L'errore umano del dottore
che opera, o dell'infermiere
che sottovaluta un caso, porta
dritti dritti in tribunale. E la giurisprudenza
si arricchisce di
sentenze molto dure nei confronti
di chi spesso ha in mano
la vita o la morte di una persona.
L'ultimo indirizzo arriva dalla
Cassazione e riguarda una colpa
medica giudicata dalla corte
d'appello fiorentina.
NEL CASO SPECIFICO, alc uni
medici chirurghi dell'ospedale
di Livorno furono chiamati a rispondere
del reato di omicidio
colposo, per un intervento chirurgico
ad un'ernia. Dopo un
periodo di convalescenza, all'uomo
operato di 37 anni, sorsero
delle complicanze. Arrivato
al pronto soccorso perché stava
male, il chirurgo - che non era
quello che aveva operato il giovane
- lo aveva subito dimesso,
la sera del 21 giugno 1999, senza
diagnosticargli nulla. Il 23 giugno
il paziente era tornato ed
era stato ricoverato. Morì la notte
del 25. A carico dei medici fu
Firenze
4177 del 2 febbraio, riconosce la
negligenza della diagnosi e detta
una norma particolarmente
severa. Il dottore - secondo la suprema
corte - poichè il paziente
aveva febbre, ferita con siero e
maleodorante - anche se non
poteva identificare il batterio
specifico aveva sottovalutato il
quadro clinico, idoneo a destare
il concreto sospetto che ci fosse
un'infezione. Il chirurgo - secondo
i giudici -avrebbe dovuto
operare anzichè rimandarlo a
casa nonostante le ipotesi di insuccesso
dell'intervento. ■
Il dato
L' infezione
■■ La Cassazione ha
sostenuto che anche se
l'infezione aveva un tasso di
mortalità elevatissima,
c'erano margini per operare
con discreta possibilità di
salvare la vita, se solo si
fosse intervenuti entro le 48
ore prima della morte.
30 Il Firenze Telefono sms
13 Febbraio 2007 055.293.701 346.366.595.2

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